Il
comune di Africo è diviso in due porzioni a notevole
distanza l'una dall'altra. La prima delle due è una piccola enclave nel
comune di Bianco, la seconda invece si trova sulle pendici dell'Aspromonte,
ove rimangono i ruderi dei borghi di Africo Vecchio e Casalnuovo.
Il paese nuovo sorge a pochi metri sul livello del mare, a margine di una
piccola pianura affacciata sul Mar Ionio, chiusa a sud da Capo Bruzzano,
sulla riva destra della fiumara Laverde, che proprio qui sfocia a mare.
Africo Vecchio invece sorge sul versante sinistro del Vallone Casalnuovo,
nella parte sud-orientale del Parco nazionale dell'Aspromonte; sul versante
opposto invece sorge, su una rupe, Casalnuovo.
Africo
deriva
dalla fusione di due paesi un tempo distinti: Africo e la sua frazione Casalinuovo. Le condizioni determinanti per la costruzione del nuovo paese sono
state le rovinose alluvioni degli ultimi giorni dell'ottobre 1951 che
devastarono quasi tutto il centro di Africo Vecchio e Casalinuovo. Gli abitanti
sono stati costretti ad abbandonare ed a trovare provvisoriamente riparo a Bova
Marina, Reggio Calabria e Fiumara di muro, in attesa di una soluzione definitiva
quale la costruzione di un nuovo paese. Il primo aiuto economico venne dagli
svedesi, successivamente, con un decreto ministeriale, iniziò la costruzione
vera e propria della cittadina.
Il nome pare derivi da "Afrikos", cioè esposto al sole,
oppure dal nome di un vento di libeccio. Incantevole ed incontaminata la sua
spiaggia, notissima la scogliera.
Il turismo è ad oggi scarsamente sfruttato anche se ha delle
potenzialità enormi, favorito com'è da tutte le condizioni ambientali. Gli
abitanti sono detti africhesi, o africesi. Il santo patrono è S. Leo che viene
celebrato il 12 maggio.
Il dialetto di Africo è di tipo neolatino, ma con parecchi vocaboli
di origine greca: ad esempio il nome del torrente Aposcipo deriva dal
greco Απόσχεπος (Apòskepos = "non protetto"). Tali elementi, secondo
Gerhard Rohlfs, sarebbero analoghi al grecanico parlato in alcuni comuni
della provincia di Reggio e deriverebbero dal greco antico; secondo
altri studiosi, invece, questi residui linguistici sarebbero di epoca
più recente e risalirebbero all'epoca bizantina oppure all'influenza dei
monaci basiliani. In ogni modo, attualmente Africo non fa parte
dell'area grecanica.
Africo
vecchio
Centro
aspromontano fondato nel secolo IX dagli abitanti di Delia, o Deri, città
esistente nel territorio dell'Amendolea. Fu, tuttavia, Casale di Bova, e fino
all'eversione della feudalità (1806) appartenne all'Arcivescovo di Reggio cui
era stato nel 1195 da Arrigo VI in riconoscimento della sua condotta durante la
conquista della Sicilia. Il terremoto del 1783 vi provocò la morte di sei
persone e vi produsse danni per ottantamila ducati.
Per l'ordinamento disposto
al tempo della Repubblica Partenopea fu considerato autonomo ed incluso nel
Cantone di Bova, cui rimase con la stessa qualifica nell'ordinamento francese
del 1806, che pur gli attribuiva il villaggio di Casalinuovo, ed in quello
borbonico del 1816. Fu danneggiato dal terremoto del settembre 1905, ed ancora
da quello del 1908. Nel 1930 fu disposto il consolidamento dell'abitato a totale
carico dello Stato.
Le alluvioni del 1951 e del 1953 hanno tragicamente distrutto
l'abitato costringendo la popolazione a cercare riparo.
Il paese al momento del definitivo abbandono non era ancora raggiunto
dalla strada carrabile ed era collegato da un semplice sentiero. Le
difficili condizioni di vita degli africesi furono documentate dal
regista calabrese Elio Ruffo nel 1949.
Africo è stato definito "il più isolato paese dell'Aspromonte, "il
paese della perduta gente", il paese più disgraziato e più infelice
d'Italia".
Negli anni '20 Umberto Zanotti
Bianco con sincero e nobile spirito meridionalista ebbe modo di
sostenere la causa dello sfortunato borgo pastorale.
Chiesa di San Leo
Del
patrimonio architettonico ancora esistente nel territorio del vecchio
abitato si segnala la chiesa di San Leo, dalle semplici forme
architettoniche, ad un’unica navata con abside semicircolare e campanile
sul fronte principale. Nel campanile sono conservate le due campane di
bronzo probabilmente risalenti all' epoca di costruzione della chiesa.
Ha una cupola con la statua di marmo del Santo, risalente al 1635, di
artigianato locale.
Situata nella zona di Africo Vecchio, in contrada Mingioia, è certamente
bizantina.
Distrutta dopo l'alluvione del 1951 è stata restaurata ma, mentre
l'esterno conserva ancora la foggia originale, l'interno è completamente
rifatto. Nel 1972 la chiesa è diventata meta di pellegrinaggi. A circa 300 metri dall'edificio c'è una piccola costruzione. Qui morì
San Leo e qui sorgeva l'antica chiesa. Dal momento, però, che in quel
posto l'edificio dava continui segni di cedimento, la popolazione
dedusse che al Santo non piacesse la collocazione. Edificarono, quindi,
l'attuale chiesa che si trova proprio di fronte al luogo dove San Leo
andava a meditare.
Casalinuovo
Località
del Comune di Africo. Già casale di Bruzzano, detto Casalnuovo,
Casalnuovo di Africo, ed anche Salvatore, secondo i tempi dell'appartenenza ad
Africo od a Bruzzano. L'abitato è su una rupe, nei pressi di Africo, alla destra
del torrente Aposcipo (da Aposkepos, luogo celato, non protetto).
Abitato da alcune famiglie che professavano il rito
greco, fu poi abbandonato. Le tracce dell'origine greca si conservano tutt'oggi
nella parlata, tuttavia corrotta. Sebbene dato per inesistente nella metà del
cinquecento, è registrato tra i borghi più danneggiati dal terremoto del 1783.
Vi era praticato l'allevamento del baco da seta. Alla fine del settecento i suoi
abitanti erano all'incirca seicento. Come Africo anche Casalinuovo è stato
gravemente danneggiato dalle alluvioni del '51 e '53. Le persone che hanno
vissuto quel periodo raccontano il susseguirsi delle piogge continue e lente
che provocarono valanghe di detriti, fango e pietre dalle montagne adiacenti,
travolgendo tutto quello che incontrarono a valle.
Cascate
Palmarello
Nel cuore del Parco Nazionale dell’Aspromonte, a 1300
metri di altitudine, rientrante nel comune di Africo, si
può ammirare la cascata Palmarello. È forse la meno
conosciuta tra le cascate aspromontane a causa delle difficoltà
nel percorrere il ripido e scosceso crinale che consente di
raggiungerla ma non per questo meno spettacolare delle altre. È
generata dal torrente Aposcipo, il suo salto unico di
circa 70/80 metri è il più alto del parco osservabile da un
terrazzo naturale tra la fitta vegetazione di roveri e pini
larici. L'acqua purissima sgorgando
dalla roccia forma forma un piccolo laghetto ricco di trote.
Particolarmente spettacolare ammirare gli spruzzi creati
dall’acqua nei periodi di piena.
Tra
la perduta gente
"Tra la perduta gente" è un resoconto
letterario e un'inchiesta condotta da Umberto Zanotti Bianco nel
1928 sulla situazione del paese di Africo nell'Aspromonte. La sua
visita fu stimolata da una lettera di un cappuccino che lavorava in
una scuola serale per adulti analfabeti gestita dall'ANIMI
(Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d'Italia),
alla quale l'ANIMI aveva affidato una scuola serale per adulti
analfabeti.
L'inchiesta, che durò quattro giorni a
settembre, coinvolse anche l'ing. Capo del Genio Civile di Reggio
Calabria, Buttini, Gaetano Piacentini, e Manlio Rossi Doria, un
neolaureato in agronomia. La spedizione ebbe il compito di rifare il
catasto di Africo, ancora basato su documenti borbonici.
La situazione emersa dall'inchiesta rivelò
che Africo, una località montana isolata su terreno franoso,
presentava un'elevata mortalità infantile, mancanza di medico (a
causa del rifiuto di un medico antifascista proposto dall'ANIMI),
elevato tasso di analfabetismo e problemi legati alla coltivazione
del territorio. La popolazione era impoverita dalla "tassa sulle
capre", dalle zone boschive vincolate e dalla soppressione dei
mulini a palmenti.
Il pane, spesso fatto con farine
alternative come lenticchie, cicerchie e orzo, presentava
caratteristiche fisiche e gustative lontane dal pane tradizionale.
Umberto Zanotti Bianco, inviando pagnotte alle persone in tutta
Italia come testimonianza delle condizioni di Africo, denunciò la
dura realtà del paese.
Come risultato dell'inchiesta, grazie
all'azione in Prefettura e al Genio Civile, si ottennero alcune
migliorie, tra cui un'attenuazione delle tasse sulle capre, una
riduzione delle zone boschive vincolate e la sospensione della legge
sui mulini. Il Genio Civile realizzò una passerella sull'Apòscipo e
su un altro corso d'acqua, spostò alcune case in zone meno franabili
e costruì ricoveri contro le tempeste sull'altopiano fra Bova e
Africo. Grazie all'Associazione per il Mezzogiorno, furono istituiti
un Asilo per l'infanzia ad Africo e uno nella frazione di Casalnuovo,
insieme a un ambulatorio dispensario nel centro maggiore.
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