Altitudine

15 m slm

Superficie

51 Km2

Abitanti

2.706

Densità

53,06 ab/Km2

CAP

89030

Nome abitanti

africesi

Santo patrono

San Leo

Giorno festivo

12 maggio

 

 

 

Il comune di Africo è diviso in due porzioni a notevole distanza l'una dall'altra. La prima delle due è una piccola enclave nel comune di Bianco, la seconda invece si trova sulle pendici dell'Aspromonte, ove rimangono i ruderi dei borghi di Africo Vecchio e Casalnuovo.

Il paese nuovo sorge a pochi metri sul livello del mare, a margine di una piccola pianura affacciata sul Mar Ionio, chiusa a sud da Capo Bruzzano, sulla riva destra della fiumara Laverde, che proprio qui sfocia a mare. Africo Vecchio invece sorge sul versante sinistro del Vallone Casalnuovo, nella parte sud-orientale del Parco nazionale dell'Aspromonte; sul versante opposto invece sorge, su una rupe, Casalnuovo.

Africo deriva dalla fusione di due paesi un tempo distinti: Africo e la sua frazione Casalinuovo. Le condizioni determinanti per la costruzione del nuovo paese sono state le rovinose alluvioni degli ultimi giorni dell'ottobre 1951 che devastarono quasi tutto il centro di Africo Vecchio e Casalinuovo. Gli abitanti sono stati costretti ad abbandonare ed a trovare provvisoriamente riparo a Bova Marina, Reggio Calabria e Fiumara di muro, in attesa di una soluzione definitiva quale la costruzione di un nuovo paese. Il primo aiuto economico venne dagli svedesi, successivamente, con un decreto ministeriale, iniziò la costruzione vera e propria della cittadina.

Il nome pare derivi da "Afrikos", cioè esposto al sole, oppure dal nome di un vento di libeccio. Incantevole ed incontaminata la sua spiaggia, notissima la scogliera.

Il turismo è ad oggi scarsamente sfruttato anche se ha delle potenzialità enormi, favorito com'è da tutte le condizioni ambientali.San Leo Gli abitanti sono detti africhesi, o africesi. Il santo patrono è S. Leo che viene celebrato il 12 maggio.

Il dialetto di Africo è di tipo neolatino, ma con parecchi vocaboli di origine greca: ad esempio il nome del torrente Aposcipo deriva dal greco Απόσχεπος (Apòskepos = "non protetto"). Tali elementi, secondo Gerhard Rohlfs, sarebbero analoghi al grecanico parlato in alcuni comuni della provincia di Reggio e deriverebbero dal greco antico; secondo altri studiosi, invece, questi residui linguistici sarebbero di epoca più recente e risalirebbero all'epoca bizantina oppure all'influenza dei monaci basiliani. In ogni modo, attualmente Africo non fa parte dell'area grecanica.

 

 

Africo vecchio

Centro aspromontano fondato nel secolo IX dagli abitanti di Delia, o Deri, città esistente nel territorio dell'Amendolea. Fu, tuttavia, Casale di Bova, e fino all'eversione della feudalità (1806) appartenne all'Arcivescovo di Reggio cui era stato nel 1195 da Arrigo VI in riconoscimento della sua condotta durante la conquista della Sicilia. Il terremoto del 1783 vi provocò la morte di sei persone e vi produsse danni per ottantamila ducati.

Per l'ordinamento disposto al tempo della Repubblica Partenopea fu considerato autonomo ed incluso nel Cantone di Bova, cui rimase con la stessa qualifica nell'ordinamento francese del 1806, che pur gli attribuiva il villaggio di Casalinuovo, ed in quello borbonico del 1816. Fu danneggiato dal terremoto del settembre 1905, ed ancora da quello del 1908. Nel 1930 fu disposto il consolidamento dell'abitato a totale carico dello Stato.

Africo vecchio

Scuola elementare ad Africo vecchio

 

Le alluvioni del 1951 e del 1953 hanno tragicamente distrutto l'abitato costringendo la popolazione a cercare riparo.

Il paese al momento del definitivo abbandono non era ancora raggiunto dalla strada carrabile ed era collegato da un semplice sentiero. Le difficili condizioni di vita degli africesi furono documentate dal regista calabrese Elio Ruffo nel 1949.

Africo è stato definito "il più isolato paese dell'Aspromonte, "il paese della perduta gente", il paese più disgraziato e più infelice d'Italia".

Negli anni '20 Umberto Zanotti Bianco con sincero e nobile spirito meridionalista ebbe modo di sostenere la causa dello sfortunato borgo pastorale.

Chiesa di San Leo

Del patrimonio architettonico ancora esistente nel territorio del vecchio abitato si segnala la chiesa di San Leo, dalle semplici forme architettoniche, ad un’unica navata con abside semicircolare e campanile sul fronte principale. Nel campanile sono conservate le due campane di bronzo probabilmente risalenti all' epoca di costruzione della chiesa.  Ha una cupola con la statua di marmo del Santo, risalente al 1635, di artigianato locale. Situata nella zona di Africo Vecchio, in contrada Mingioia, è certamente bizantina.

Distrutta dopo l'alluvione del 1951 è stata restaurata ma, mentre l'esterno conserva ancora la foggia originale, l'interno è completamente rifatto. Nel 1972 la chiesa è diventata meta di pellegrinaggi.
A circa 300 metri dall'edificio c'è una piccola costruzione. Qui morì San Leo e qui sorgeva l'antica chiesa. Dal momento, però, che in quel posto l'edificio dava continui segni di cedimento, la popolazione dedusse che al Santo non piacesse la collocazione. Edificarono, quindi, l'attuale chiesa che si trova proprio di fronte al luogo dove San Leo andava a meditare.

Casalinuovo

Località del Comune di Africo. Già casale di Bruzzano, detto Casalnuovo, Casalnuovo di Africo, ed anche Salvatore, secondo i tempi dell'appartenenza ad Africo od a Bruzzano. L'abitato è su una rupe, nei pressi di Africo, alla destra del torrente Aposcipo (da Aposkepos, luogo celato, non protetto).

Abitato da alcune famiglie che professavano il rito greco, fu poi abbandonato. Le tracce dell'origine greca si conservano tutt'oggi nella parlata, tuttavia corrotta. Sebbene dato per inesistente nella metà del cinquecento, è registrato tra i borghi più danneggiati dal terremoto del 1783. Vi era praticato l'allevamento del baco da seta. Alla fine del settecento i suoi abitanti erano all'incirca seicento. Come Africo anche Casalinuovo è stato gravemente danneggiato dalle alluvioni del '51 e '53. Le persone che hanno vissuto quel periodo raccontano il susseguirsi delle piogge continue e lente che provocarono valanghe di detriti, fango e pietre dalle montagne adiacenti, travolgendo tutto quello che incontrarono a valle.

Cascate Palmarello

Nel cuore del Parco Nazionale dell’Aspromonte, a 1300 metri di altitudine,  rientrante nel comune di Africo, si può ammirare la cascata Palmarello. È forse la meno conosciuta tra le cascate aspromontane a causa delle difficoltà nel percorrere il ripido e scosceso crinale che consente di raggiungerla ma non per questo meno spettacolare delle altre. È generata dal torrente Aposcipo, il suo salto unico di circa 70/80 metri è il più alto del parco osservabile da un terrazzo naturale tra la fitta vegetazione di roveri e pini larici. L'acqua  purissima sgorgando dalla roccia forma forma un piccolo laghetto ricco di trote. Particolarmente spettacolare ammirare gli spruzzi creati dall’acqua nei periodi di piena.

 

 

Tra la perduta gente

"Tra la perduta gente" è un resoconto letterario e un'inchiesta condotta da Umberto Zanotti Bianco nel 1928 sulla situazione del paese di Africo nell'Aspromonte. La sua visita fu stimolata da una lettera di un cappuccino che lavorava in una scuola serale per adulti analfabeti gestita dall'ANIMI (Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d'Italia), alla quale l'ANIMI aveva affidato una scuola serale per adulti analfabeti.

L'inchiesta, che durò quattro giorni a settembre, coinvolse anche l'ing. Capo del Genio Civile di Reggio Calabria, Buttini, Gaetano Piacentini, e Manlio Rossi Doria, un neolaureato in agronomia. La spedizione ebbe il compito di rifare il catasto di Africo, ancora basato su documenti borbonici.

La situazione emersa dall'inchiesta rivelò che Africo, una località montana isolata su terreno franoso, presentava un'elevata mortalità infantile, mancanza di medico (a causa del rifiuto di un medico antifascista proposto dall'ANIMI), elevato tasso di analfabetismo e problemi legati alla coltivazione del territorio. La popolazione era impoverita dalla "tassa sulle capre", dalle zone boschive vincolate e dalla soppressione dei mulini a palmenti.

Il pane, spesso fatto con farine alternative come lenticchie, cicerchie e orzo, presentava caratteristiche fisiche e gustative lontane dal pane tradizionale. Umberto Zanotti Bianco, inviando pagnotte alle persone in tutta Italia come testimonianza delle condizioni di Africo, denunciò la dura realtà del paese.

Come risultato dell'inchiesta, grazie all'azione in Prefettura e al Genio Civile, si ottennero alcune migliorie, tra cui un'attenuazione delle tasse sulle capre, una riduzione delle zone boschive vincolate e la sospensione della legge sui mulini. Il Genio Civile realizzò una passerella sull'Apòscipo e su un altro corso d'acqua, spostò alcune case in zone meno franabili e costruì ricoveri contro le tempeste sull'altopiano fra Bova e Africo. Grazie all'Associazione per il Mezzogiorno, furono istituiti un Asilo per l'infanzia ad Africo e uno nella frazione di Casalnuovo, insieme a un ambulatorio dispensario nel centro maggiore.

 

 

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